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Storie di Roma

Il blog di Fabio Salemme su RomaGuideTour.it

Cripta di San Vito e Porta Esquilina, Archeologia a Piazza Vittorio

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Il quartiere dell’Esquilino, a due passi dalla stazione Termini e “circondato” dal Colosseo e dalle basiliche di Santa Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano, oltre a ospitare molteplici edifici e luoghi storici “a vista”, offre anche diverse opportunità  di scoprire siti archeologici sotterranei, inclusi alcuni scavi di recente scoperta, come la Cripta di San Vito.

L’area nota come “Cripta di San Vito” in realtà  è un sito archeologico sottostante la Parrocchia di Santa Maria Maggiore in San Vito, situata all’Esquilino in Via Carlo Alberto, la strada che congiunge direttamente la coloratissima Piazza Vittorio e la Basilica di Santa Maria Maggiore.

Per comprendere il significato della Cripta di San Vito bisogna immaginarlo nel contesto del sito circostante, l’area archeologica che comprende l’Arco di Gallieno e la Chiesa dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia, come anche raffigurato in un affresco situato in una nicchia sul lato destro del sito archeologico.

La Cripta di San Vito è stata scoperta nel 1972 durante i lavori di restauro della chiesa nota fin dal medioevo come “in macello Liviae” (mercato di Livia). Il nome è dovuto al fatto che la chiesa fu eretta su parte di un mercato preesistente, costruito dall’imperatore Augusto in onore della moglie Livia. La pianta dell’attuale chiesa corrisponde alla struttura quattrocentesca voluta da Papa Sisto IV, edificata nel 1477 accanto ad una piccola chiesa oggi in rovina, intitolata allo stesso Papa Sisto IV.

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All’area archeologica della Cripta di San Vito si accede attraverso la facciata realizzata nel 1900 quando, durante importanti rinnovamenti urbanistici dell’Esquilino, fu invertito l’orientamento della chiesa per dare un più pratico accesso e visibilità  da Piazza Vittorio. Nel 1977, in occasione del 500° anniversario della chiesa, si è deciso di riportare l’edificio al suo impianto originario. Durante questi lavori sono state portate alla luce strutture murarie parziali appartenenti alla chiesa originaria di Sisto IV, così come la facciata esterna e le bifore quattrocentesche.

Nel sito archeologico della Cripta di San Vito si possono trovare resti risalenti al primo periodo romano, come le Mura Serviane, le più antiche di Roma costruite nel VI secolo a.C. durante il regno di Lucio Tarquinio Prisco e completate dal suo successore Servio Tullio. Parte delle Mura Serviane era l’antica Porta Esquilina, di cui si possono vedere alcuni pilastri quadrati rimasti al centro del sito archeologico. Porta Esquilina era uno dei punti di entrata in città , e vi si poteva accedere attraverso una scalinata, o una rampa con parapetto.

Porta Esquilina fu in seguito ampliata con tre arcate, e ricostruita in travertino. Sopra l’arco di mezzo della porta c’è un’iscrizione, fatta dall’imperatore Augusto, con alcune cancellature. Aurelio Vittore, prefetto di Gallieno, nel 262 pose un’iscrizione dedicata a Licinio Gallieno e sua moglie Salonina, cancellando così quella precedente. Tutto ciò che rimane di questa iscrizione è un calco di gesso molto danneggiato. L’arco è anche chiamato “Arcus Pictus” (Arco Dipinto) perchè era adornato da dipinti, come si può vedere dai pochi frammenti di pittura ancora visibili all’ingresso della chiesa.

In prossimità  dell’Arco di Gallieno è visibile la Fontana dei Monti, che è però di creazione recente. Realizzata al principio del ‘900, la fontana fa parte di un progetto di epoca fascista che ha adornato molte strade di Roma con fontane ai luoghi o ai mestieri della Roma antica. La tipica pavimentazione stradale romana è stata rilevata davanti alla Porta Esquilina, spiegando così il terzo arco della porta, che sembra collegare la Porta Esquilina con la Porta Tiburtina.

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Le Mura Serviane costituivano una sorta di linea di confine attorno all’Esquilino, il più alto dei Colli Romani, dove fu costruito il terrapieno di Servio Tullio, o “agger“. Fino alla fine dell’era repubblicana, l’area esterna al muro era utilizzata come luogo di sepoltura e anche come discarica. L’imperatore Augusto bonificò l’intera zona, facendola tornare pulita e fertile. Furono quindi creati diversi giardini signorili, o Horti, come gli Orti di Mecenate e gli Orti Liciniani (la villa di Gallieno) di cui si possono ancora vedere i resti del Tempio di Minerva Medica (Ninfeo) in Via Giolitti.

Dall’altra parte, all’interno delle Mura Serviane, c’era il Clivus Suburanus. I resti archeologici comprendono anche alcune infrastrutture idriche collegate all’Aqua Anio Vetus, il secondo acquedotto romano più antico (dopo l’Aqua Appia), datato 272 a.C. Proveniente da una zona nei pressi di Vicovaro (circa 50 km a est di Roma), l’acqua veniva portata attraverso un canale sotterraneo, o specus, fino all’area urbana di Ad Spem Veterem, nei pressi di Porta Maggiore, per poi confluire nel castellum aquae (castello d’acqua) con alla base un arco drenante e due sezioni di specus di Augusto, con parti in opera reticolata.

Il “castello” del sito archeologico della Cripta di San Vito era collegato ad un canale che probabilmente alimentava l’acqua di un pozzo, chiuso in epoca cristiana, rivestito in mattoni e sul quale si trova un sigillo risalente al I secolo d.C. Nel sito archeologico è stato rinvenuto anche il fondo di un altro pozzo di forma quadrata, rivestito in lastre di peperino, interrato in epoca successiva.

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Nel sito archeologico della Cripta di San Vito sono inoltre visibili diverse tegole, una delle quali recante il sigillo di Fliglina Claudiana, tipicamente utilizzate nelle lapidi di stile cappuccino. Sono inoltre presenti diversi frammenti di elementi architettonici (frontoni, parti di colonne, parti di meridiana, ecc.), che probabilmente Papa Sisto IV utilizzà per la costruzione della chiesa, e numerosi resti di altri materiali da costruzione lasciati nella fondazione durante il vari stati di abbandono della struttura nel corso dei secoli. Tra il “castello d’acqua” e l’arco della Cripta di San Vito si trovava probabilmente una grossa colonna con scanalature verticali, di cui rimane ben poco visibile.

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