Iniziamo questo nuovo anno di articoli e Storie di Roma innanzitutto con tanti auguri ai nostri lettori e followers sui nostri profili Facebook e Instagram, e poi affrontando un tema che, ci dicono, è di buon auspicio ad inizio d’anno: il denaro. Non quello che oggi, ma quello dell’antica Roma. Per la precisione, oggi scopriremo come si produceva il denaro nella zecca dell’antica Roma.
La zecca, anche ai giorni d’oggi, è il laboratorio dove viene prodotto il denaro, stampato sulla carta delle banconote, e coniato nelle monete di vari tagli. Nell’antica Roma non esistevano le banconote, ma certamente esistevano le monete, e di conseguenza la zecca. Nella zecca dell’antica Roma le monete venivano emesse in serie incidendo con due coni (o matrici), uno per il dritto con il profilo dell’imperatore, l’altro per il rovescio con un disegno (il tipo) e un’inscrizione, la legenda con la quale battere il tondello.
I materiali utilizzati per coniare le monete della Roma antica erano di solito oro, argento e bronzo, ma non mancano anche monete di altri materiali come il rame; tutti materiali che provenivano da diverse miniere del mondo antico ma principalmente dall’Hispania (Spagna) e dalla Dacia (Transilvania), e che a volte veniva anche recuperato attraverso il riutilizzo di tesori e bottini di guerra conquistati durante campagne militari.
Ogni zecca dell’antica Roma segnava il rovescio dei pezzi di sua produzione con l’abbreviazione del suo nome. Quando esistevano più officine o più serie della stessa moneta, queste erano precisate tramite l’incisione sulla moneta di una lettera, latina o greca, che in genere precedeva la sigla della zecca. Ad esempio, A.L, B.L, C.L, D.L erano le sigle per le quattro officine di Lugdunum, mentre le serie si indicavano con P(rima), S(ecunda), T(ertia), Q(uarta), etcetera.
Nelle monete dell’antica Roma si incidevano spesso anche contrassegni come la stella, il sole o un crescente, simboli impiegati nelle zecche orientali. Dal IV secolo i segni di zecca si complicarono con l’impiego di prefissi o di suffissi. Ad esempio, con l’aggiunta della zecca di Tessalonica (con i suffissi TS o TES). oppure con l’introduzione di altri suffissi come SMTS, per indicare S(acra) M(oneta), moneta sacra, cioè intoccabile (in altri termini, la tosatura è vietata) realizzata a Tessalonica e ancora TESOB, per OB(ryziacus), cioè in oro puro, un segno di certificazione della qualità della moneta.
Spesso come visto in vari reperti arrivati fino ai giorni nostri, le monete dell’antica Roma potevano palesare dei difetti di coniazione; tra i principali difetti troviamo monete spaccate o con fessure sui bordi, tipi fuori centro o spostamento dell’orientamento tra le due facce, o rilievo scarso dovuto all’usura dei coni.
A partire dal I secolo a.C., l’attività della zecca della Roma imperiale fu coinvolta in un’ottica di riorganizzazione complessiva del processo produttivo che passava dalla costruzione di camere protette presso il Tabularium (l’Archivio di Stato, in Campidoglio) fino alla creazione di un passaggio in sicurezza per collegare l’Arx (sede della zecca primitiva, vicino al tempio di Iuno Moneta) all’Aerarium (cioè il tesoro nella sottostante piazza del Foro). Tutto questo fa pensare alla necessità di ricavare nuovi spazi per soddisfare la crescente richiesta di moneta, proteggendo, al contempo, il trasporto dei metalli preziosi.
A questo seguì un secondo periodo della zecca imperiale di Roma che si può far coincidere con il suo trasferimento nei pressi dell’Anfiteatro Flavio (meglio conosciuto come Colosseo) e del Ludus Magnus (caserma e palestra dei gladiatori), come confermato negli elenchi dei principali monumenti romani di IV secolo d.C. (i cosiddetti Cataloghi Regionari). La ragione del trasferimento della zecca probabilmente si deve collegare al disastroso incendio dell’80 d.C., che aveva devastato il Campidoglio, danneggiando il vecchio impianto sillano (Tabularium) che era stato riattivato in età augustea.
La nuova zecca di Roma doveva nascere sotto la Basilica di San Clemente; questi locali, realizzati sicuramente prima del 90 d.C., non solo sono situati nella zona urbana indicata dalle fonti antiche, ma presentano caratteristiche inusuali e compatibili con l’attività monetaria. Tutto questo può trovare riscontro anche nella consueta strategia politica degli imperatori, che anche in questo ebbe propaganda attraverso le monete stesse e il tipo inedito Moneta Augusti che potrebbe essere correlato proprio all’inaugurazione della nuova zecca, avvenuta entro gli anni ’80 del I secolo d.C.
La prima riforma monetaria dell’Impero Romano si può collegare al regno di Augusto nel I secolo a.C., precisamente nell’anno 15 a.C.. La riforma monetaria prevedeva il controllo diretto dall’imperatore sulla coniazione delle monete in oro ed argento, utilizzate per pagare le spese dello stato data l’entità considerevole di quest’ultime; il senato, invece, controllava la coniazione delle monete in bronzo, usate dal popolo e di scarsa importanza per Roma. La coniazione delle monete romane in bronzo venne invece permessa a molte autorità locali delle Province Romane, aumentandone notevolmente la varietà, mentre questo non avvenne per le monete in metallo più prezioso.
Per quanto riguarda le monete d’oro, il formato standard dell’antica Roma era l’aureo (1/42 di libbra romana, 7,78 g), mentre per le monete d’argento era il denario (1/84 di libbra, 3,90 g). Per i valori inferiori, si aveva l’asse in rame (10,90 g), i suoi multipli in oricalco, un metallo simile all’ottone, detti dupondio (2 assi) e il sesterzio (4 assi); come sottomultipli si utilizzavano i quadranti in rame (1/4 di asse).
Con la diffusione della coniazione di monete iniziarono a diffondersi falsari e truffe tipiche dell’età antica e che si sono estese fino a tutto il medioevo, a partire dalla coniazione illecita di monete in metallo prezioso ma con lega a basso titolo; l’esempio classico è quello delle monete d’oro false, che se strofinate lasciavano un segno, a prova del fatto che erano state coniate in lega. Altra truffa tipica era quella delle monete di rame laminate in oro o argento; per verificarne la validità si usava provare con i denti la durezza del metallo. Ancora, le monete venivano spesso limate per ridurne il peso e recuperare preziosi metalli, ragione per la quale vennero messe in circolazione monete con il bordo dentellato.
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