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Storie di Roma

Il blog di Fabio Salemme su RomaGuideTour.it

Excubitorium: la VII Coorte dei Vigiles nei Sotterranei di Trastevere

luoghi di roma, storia di roma

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I Vigiles erano figure molto importanti nella società romana, soprattutto per mantenere l’ordine pubblico, anche se il loro ruolo principale era quello di essere dei vigili del fuoco, sempre pronti a spegnere gli innumerevoli incendi che mettevano alla prova la Roma antica.

Pochi sanno che nel quartiere di Trastevere, a Roma, a circa otto metri di profondità dal moderno livello stradale, è conservato un Excubitorium, il distaccamento dei Vigili della VII Coorte. Si tratta di un edificio del II secolo d.C., usato come caserma o semplice presidio dai Vigiles, la cui prima struttura dovrebbe risalire intorno al 90 D.C., e che in seguito sarebbe stato ristrutturato dall’imperatore Adriano.

A Roma sono state identificate con certezza due statio dei Vigiles: quella della Cohors V sul Celio che presiedeva le Regio I e Regio II, quindi approssimativamente da Porta Capena alle mura Serviane fino al fiume Almone e tutto il Celio e quella della Cohors VII in Trastevere, di cui restano rilevanti ed interessanti resti a ben 8 mt. sotto l’attuale livello stradale. In realtà  diversi archeologi sono propensi ad identificare il sito di Trastevere come Excubitorium, ovvero il posto di guardia, piuttosto che la statio e quindi la caserma; è comunque in generale la più antica sede dei vigili del fuoco al mondo.

Fin dalle prime fasi degli scavi di Trastevere, apparve subito chiara la destinazione degli ambienti dell’Excubitorium riportati alla luce in base al gran numero di graffiti presenti sulle pareti, ove era ripetutamente citata la VII Coorte dei Vigili. Sappiamo che vi erano diverse categorie di Vigiles, ma in ogni caso il loro intervento doveva essere tempestivo per domare un incendio o semplicemente per sedare delle risse mantenendo l’ordine pubblico nella zona posta sotto la loro sorveglianza, che secondo la riforma augustea ricadeva nella IX e XIV regione. Gestire l’ordine pubblico di quell’area doveva essere un compito tutt’altro che facile considerando il traffico di carri e persone che si aggirava tra i vicoli stretti come quelli della popolosa Suburra.

L’equipaggiamento dei Vigiles era composto da strumenti semplici come asce, ramponi, zappe, seghe, pertiche, scale e corde, ma anche i centones cioè coperte bagnate di acqua o aceto utilizzate per soffocare le fiamme, e ancora i siphones, una sorta di idranti con le tubature in cuoio.

Il nome ufficiale del corpo di Vigiles di Trastevere era Militia Vigilum Regime, che poi si trasformerà in Cohortes Vigilum, mentre il loro motto era Ubi dolor ibi vigiles (Dove c’è il dolore ci sono i vigili). I Vigiles erano organizzati gerarchicamente in maniera simile alla struttura organizzativa dell’esercito romano; erano infatti divisi in sette coorti, e ogni coorte era suddivisa in sette centurie che, come lascia intuire il nome, comprendevano un centinaio di uomini, a capo dei quali c’era il centurione. Il corpo dei Vigiles era diretto dal Praefectus Vigilum, il prefetto dei vigili.

L’edificio identificato come Excubitorium o corpo di guardia distaccato a Trastevere della VII Coorte doveva probabilmente avere la sede centrale nel Campo Marzio. Tra le varie curiosità legate alla scoperta dell’Excubitorium di Trastevere c’è sicuramente la sua costruzione che deve essere avvenuta verso la fine del II secolo d.C. riutilizzando l’interno di una casa privata, comprata o affittata dall’amministrazione pubblica, per ristrutturarla come caserma minore di Vigiles in un punto importante per assicurare il controllo di una città sempre più grande e popolosa.

L’esplorazione sotterranea non vi lascerà indifferenti. Scendendo sotto il livello stradale mediante una scala moderna si entra in una grande aula dove la nostra attenzione è catturata da una vasca di forma esagonale a lati concavi. Di fronte ad essa, sulla parete sud si apre un’elegante porta ad arco che introduce nel larario, una sorta di cappella del genio tutelare dei vigili, il Genio Excubitori ricordato dai graffiti ormai scomparsi insieme a gran parte degli intonaci dipinti in cui erano stati tracciati.

Ciò che si conserva delle originali decorazioni dell’Excubitorium sono solo le pitture sulla sommità delle pareti brevi dell’edicola, dove è possibile riconoscere pannelli delimitati da fasce rosse che presentano al centro un motivo architettonico di colonne sorreggenti architravi, che insieme a ghirlande ad andamento obliquo inquadrano esili figure su fondo bianco, un elemento che ritrona nella suddivisione geometrica del sottarco resa sempre con fascioni di colore rosso. Delle decorazioni della porta del larario realizzate tutte in mattoni è sopravvissuto soltanto il timpano movimentato da cornici di diverso aggetto, distinte anche dal diverso colore dei laterizi.

L’aula dell’Excubitorium era caratterizzata da un grande mosaico in bianco e nero purtroppo scomparso ma documentato da riproduzioni grafiche e fotografiche nelle quali è possibile riconoscere sul lato nord due tritoni, uno che tiene nella destra un grande tridente e nella sinistra una face spenta, simboleggiante il fuoco domato, l’altro ha invece una face accesa ed indica il mare, cioè l’acqua che serve a spegnere il fuoco. In altre descrizioni fatte durante la scoperta dell’Excubitorium si trova memoria anche di mostri marini fantastici come: un cavallo, un caprone ed un serpente che completavano la decorazione musiva sugli altri lati. In modo analogo si può supporre che nelle altre stanze si conservassero resti di pitture rappresentanti padiglioni, portichetti e tempietti secondo il IV stile pompeiano, oppure animali marini, piccoli geni, uccelli e fogliami.

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Di tutte queste pregevoli testimonianze dello stile pittorico dell’inizio del III secolo d.C. non rimangono che miseri resti peraltro illeggibili negli ambienti situati a nord dell’atrio. L’unica eccezione è un affresco con lineare trama geometrica racchiudente un erote e cavalli marini nel sottarco della porta che, quasi in asse con l’edicola, immette in un ambiente di passaggio su cui prospettano tre vani.

Laddove è sopravvissuta la decorazione di una stanza è stato possibile identificare la sua funzionalità in base alla qualità  delle decorazioni; ad esempio, nel caso della stanza ad ovest con il pavimento in coccio pesto interrotto al centro da un chiusino si è voluto vedere un bagno, mentre per quanto riguarda i due vani contigui e tra loro comunicanti sul lato opposto (est) partendo dal pavimento in opus spicatum (mattoni disposti a spina di pesce) generalmente utilizzato per ambienti di servizio a cielo aperto per la resistenza e l’impermeabilità, questo tipo di rivestimento laterizio fu sovrapposto ad un precedente pavimento in mosaico a piccole tessere bianche, probabilmente poco adatto per il nuovo utilizzo del vano e per tale motivo coperto con l’opus spicatum.

Ritroviamo ancora l’opus spicatum nel corridoio dell’Excubitorium e in un magazzino riconoscibile da un dolio interrato, un tipo di recipiente utilizzato in genere per conservare grano, legumi, olio, vino, ecc. Tutti questi ambienti descritti saranno successivamente riutilizzati (come era avvenuto nel II secolo per la casa privata) come fondamenta per la realizzazione di costruzioni superiori e che lasceranno un segno nella stratificazione storica millenaria di questa città, che spesso ha origine prima della sua stessa fondazione.

In conclusione, oltre ai resti delle strutture, nell’Excubitorium furono raccolti numerosi reperti come diversi voti fittili raffiguranti ad esempio il busto di una donna con capo velato, il dio Mitra e ancora un busto dell’imperatore Alessandro Severo. Tra i reperti dell’Excubitorium anche una grande fiaccola in bronzo scomponibile in quattro parti, conclusa in alto dal contenitore per l’olio a forma di fiamma e con l’estremità inferiore a punta acuminata.

Tutte queste testimonianze passano in secondo piano di fronte a tutti i graffiti tracciati tra il 215 e il 245 d.C. dagli stessi militi sulle pareti intonacate nei momenti di riposo, di queste iscrizioni purtroppo sopravvivono solo le trascrizioni che hanno permesso di comprendere meglio l’organizzazione dei vigili e sulla loro vita in caserma. In questi graffiti si possono ritrovare non solo saluti agli imperatori e ringraziamenti agli dei (in particolare al Genio dell’Excubitorium), ma vengono indicati il nome ed il numero della coorte, e spesso i nomi ed i gradi dei Vigili.

L’elemento di maggiore pregio tra i graffiti è la menzione dei sebaciaria, un servizio altrimenti ignoto e perciò di difficile definizione e controversa. Sembra infatti che tale incarico della durata di un mese comportasse qualche rischio, cui allude l’espressione “omnia tuta” (tutto a posto), mentre del faticoso impegno richiesto da tale mansione testimonia l’annotazione graffita dal vigile alla fine del turno: “lassus sum successorem date” (sono stanco, datemi il cambio). In base a tali elementi e alla derivazione del nome da sebum (sego) sono state avanzate numerose ipotesi, tra le quali la più accreditata appare quella del servizio notturno di vigilanza della città  alla luce di torce di sego.

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