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Storie di Roma

Il blog di Fabio Salemme su RomaGuideTour.it

Culto di Mitra ad Ostia Antica: Il Mitreo delle Sette Porte

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A noi Ostia d’estate piace tanto, soprattutto in questo periodo quando non è ancora l’apice della stagione estiva, che permette passeggiate più rilassate in luoghi non affollati, e soprattutto temperature più miti per andare in esplorazione. Dopo il nostro ultimo articolo sulle abitazioni di Ostia Antica, oggi riprendiamo un tema che abbiamo trattato tempo fa, quello del culto del dio Mitra nell’antica Roma, e soprattutto ad Ostia (oltre che a Capua). Mitra è una divinità antica, inizialmente venerata dai Persiani, e giunta fino a Roma attraverso le truppe di espansione dell’impero. Ad Ostia Antica sono presenti diversi mitrei, i luoghi di culto di Mitra, ed oggi vi descriviamo uno dei più interessanti mitrei di Ostia Antica, il Mitreo delle Sette Porte.

Il Mitreo delle Sette Porte sorge nelle vicinanze del tratto del Decumano che conduce a Porta Marina. Di dimensioni modeste, la sua struttura è semplificata. Il mosaico pavimentale non presenta la classica forma a T rovesciata ma si limita a coprire il corridoio centrale. Al posto della traversa si trovano pochi gradini, che facilitano l’accesso ai due banconi laterali, elementi indispensabili di ogni mitreo, perché i fedeli ci si adagiavano sopra.

Sappiamo da fonti antiche che la liturgia mitraica prevedeva l’offerta rituale di cibo agli adepti, niente più che pane ed acqua ma era considerata una vera e propria agape in tutta la sua ritualità e probabilmente costituiva il momento culminante di tutta la liturgia, tanto che l’architettura dello spazio, del tutto simile a quella di una sala da pranzo, sembra pensata apposta, per offrire la cornice ideale a quel momento.

Beninteso che i Romani normalmente si mettevano a tavola come noi ed erano anche abituati a consumare spuntini veloci stile street food oppure approfittavano del confort di locali pubblici, che ci apparirebbero come gli antenati dei nostri caffè e delle nostre tavole calde, i banchetti però erano lontanissimi dalle nostre abitudini. Erano interminabili, durando dal pomeriggio a notte fonda, come avveniva nei tempi più antichi, fino ad oltre una settimana, come in quelli, dal lusso ostentato e volgare, nelle case dei nuovi ricchi dell’età imperiale. Duravano semplicemente troppo, per non prendere posto distesi su lettini, secondo l’uso degli Etruschi e dei Greci, che i Romani conoscevano bene.

Così nelle raffinate dimore degli aristocratici c’era una piccola sala, il triclinium, utilizzata soltanto per i banchetti ed arredata con questi letti speciali. Il letto per dormire era chiamato lectus o cubile, da cui il nome cubiculum per la camera da letto, i letti da pranzo erano invece chiamati lecti conviviales o triclinares, da cui il nome triclinium dato alla sala. Su ciascun letto prendevano posto tre commensali adagiati sul fianco sinistro, con piena libertà di movimento del braccio destro. Il letto era leggermente inclinato verso un tavolino d’appoggio.

Il podium del mittente svolgeva la funzione di grande letto da pranzo con davanti il tavolino e questa situazione conferiva al frugalissimo pasto liturgico tutta la solennità di un vero banchetto. La parte inclinata, che qui come in tutti i mitrei non presenta decorazioni, doveva essere coperta da un materasso. Mentre il bordo orizzontale e lo spiccato del bancone sono rivestiti di mosaico figurato. In questo mitreo non sono evidenti i resti della volta ma di regola ce n’era una, impostata su pareti dipinte e prive di finestre.

L’aspetto dell’interno del mitreo era dunque quello di un triclinio, come negli esempi conservati al Museo Nazionale Romano ma non bisogna dimenticare l’altro e più profondo significato simbolico di questa architettura, quello di evocare l’immagine della grotta, lo spelaeum, che nel mito è il luogo della nascita di Mitra e quello della sua impresa fondamentale, la tauroctonia, l’uccisione del toro cosmico e l’effusione del suo sangue, che, fecondando il ventre della Madre Terra (ancora la grotta), concepisce la vita.

E proprio perché la vita nel mito ha origine dall’unione del cielo e della terra, la volta del mitreo rappresenta insieme il mondo sotterraneo e la volta celeste. Il motivo del cielo stellato sembra essere stato quello più comune nella decorazione di queste volte, come testimoniano gli esempi dei mitrei di Marino e di S. Maria Capua Vetere. E’ veramente affascinante che l’interno di questi mitrei, con i credenti disposti lungo le pareti laterali di una sala rettangolare e sotto il dipinto di un cielo stellato, ricordi quello di una moderna loggia massonica o della Cappella Sistina nel suo aspetto quattrocentesco.

Sulle pareti laterali sono rimasti frammenti della pittura originale con vedute di un giardino, che ancora una volta rimandano all’aspetto tipico di triclini come quello della Villa di Livia a Prima Porta. Meglio conservati sono i mosaici del pavimento e dei banconi. Sul pavimento, dalla parte dell’ingresso, sono rappresentate le sette porte, che danno il nome a questo mitreo. Le porte alludono ai sette gradi d’iniziazione e quella centrale, preminente, allude all’iniziato di grado supremo, il Padre, una sorta di Vescovo mitraico, che ha raggiunto la completa illuminazione, come rivela la lampada accesa ed appesa all’arco (oscillum). La posizione centrale del settimo grado marca la distinzione tra i primi tre gradi iniziatici, probabilmente accessibili a qualsiasi adepto e quelli superiori, più esclusivi. Il settimo grado doveva essere elitario e precluso alla maggioranza degli adepti.

In corrispondenza del mosaico delle porte e dei gradini ci sono i resti di due pilastrini figurati. Vi sono rappresentati a mosaico due piedistalli e su quello di destra si vedono ancora due gambe incrociate. Si tratta ovviamente dei due geni Cautes e Cautopates, posti canonicamente all’inizio del corridoio. Sullo spiccato dei banconi seguono Marte a destra e Venere a sinistra, allusione ai gradi inferiori della gerarchia iniziatica, quindi un ampio motivo a girali, ripetuto pure sul bordo orizzontale. Nella parte centrale del pavimento sono rappresentati i quattro elementi, che nella tradizione antica erano le quattro sostanze di cui era costituita tutta la natura: un uccello per l’aria, un vaso per l’acqua, un serpente per la terra ed una saetta per il fuoco. Corrisondono sugli spiccati al tema degli elementi due nicchie con dentro due altarini, probabilmente in riferimento ai due solstizi ed i due emisferi celesti.

Ai lati delle nicchie e sempre in riferimento ai gradi d’iniziazione, sono rappresentati a destra la Luna ed a sinistra Mercurio e più avanti sul pavimento Giove mentre la testa di Saturno, divinità tutelare del settimo grado compare dietro l’altare, una zona del mitreo probabilmente non accessibile a tutti gli adepti, un po’ come sono i presbiteri delle nostre chiese. Nel mosaico pavimentale sono rappresentati sei su sette gradi d’iniziazione. Manca il Sole, probabilmente affidato alla figura dello stesso Mitra, che sicuramente era rappresentato sul muro dietro l’altare.

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